Stamattina ci siamo imbattuti in un lucidissimo tweet di Maurizio Pistocchi che analizzava certe decisioni arbitrali assunte in Milan – Pisa, una partita che lascia il segno non tanto per il risultato, ma per i quesiti rimasti inevasi.
Parliamo di un match in cui le decisioni arbitrali hanno finito per oscurare il gioco, evidenziando ancora una volta quanto fragile sia oggi il rapporto tra calcio giocato e interpretazione del regolamento.
Seguendo – e sposando – il ragionamento del giornalista si nota che non si è osservato un singolo episodio o un errore umano isolato. Questo può accadere e fa parte del gioco. Il problema è più profondo, strutturale. È nella continua e disorientante oscillazione delle interpretazioni, nella mancanza di coerenza tra ciò che il regolamento afferma e ciò che viene effettivamente applicato sul campo.
Nel corso dei novanta minuti si sono palesati episodi che, letti alla luce del regolamento, sembrano avere spiegazioni logiche solo se si accetta l’idea che la logica possa cambiare di settimana in settimana. Dal gol di Leao con un compagno in fuorigioco attivo che interferisce con il portiere, al rigore assegnato al Pisa per un tocco di mano che potrebbe essere più frutto della casualità che della volontà; fino al gol del 2-1 arrivato dopo un fallo evidente non rivisto al VAR, e al pareggio finale con un giocatore in posizione irregolare che, pur spostandosi, influisce sul tempo di reazione dell’estremo difensore pisano.
Ognuno di questi elementi, preso singolarmente, potrebbe essere spiegato con un cavillo, un comma, un’interpretazione “alla lettera”. Ma messi insieme raccontano altro: raccontano un sistema che ha perso la capacità di dare certezze. Il VAR, nato per ridurre le polemiche, ha finito per moltiplicarle. Il regolamento, invece di chiarire, genera confusione. E chi dovrebbe rendere il calcio più giusto, spesso lo rende più indecifrabile.
Alla fine, il bilancio può sembrare “in pareggio”: errori da una parte e dall’altra, tutti penalizzati, nessuno favorito. Ma il saldo reale è un altro, più pesante: è la perdita di credibilità del calcio stesso. Perché un gioco che non riesce più a farsi capire dal suo pubblico, che ogni settimana deve essere interpretato come un testo giuridico, rischia di smarrire la sua essenza.
Serve meno burocrazia e più chiarezza, meno interpretazione e più coerenza. Perché finché continueremo a discutere del regolamento più che delle giocate, a pagare non saranno né il Milan né il Pisa. Sarà il calcio, ancora una volta.
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