Milan–Como e Villarreal–Barcellona: due partite che, ancora prima del fischio d’inizio, hanno già acceso il dibattito della stagione 2025/26. Non per il risultato sportivo, ma per la scelta di spostare il teatro di gioco lontano dai confini nazionali. Gli stadi di New York e Melbourne, anziché San Siro e il Cerámica, diventeranno il palcoscenico di due dei match più discussi – e contestati – dell’anno calcistico.
L’obiettivo è chiaro: esportare il brand del calcio locale in mercati dove il pallone è ancora in espansione, dagli Stati Uniti all’Australia, e trasformare lo sport in un prodotto globale capace di generare profitti, indotto turistico e visibilità internazionale. Ma se la Liga, sotto la pressione di sindacati e tifoserie, ha bloccato l’esperimento con tanto di reprimenda del presidente Laporte sui “danni economici alle casse spagnole”, la Serie A ha deciso di andare avanti.
Complice l’effetto volano delle Olimpiadi Invernali in Lombardia, la Lega italiana vuole sfruttare il momento per proiettarsi all’estero. Ma la domanda resta: basta una partita in più negli States o Melbourne che sia per rilanciare il calcio italiano? La risposta, naturalmente, è no. Servono strategie coordinate, strutturali e durature su almeno tre fronti: valorizzazione del prodotto, competitività economica e posizionamento internazionale.
1. Un prodotto più appetibile per TV e piattaforme
Per tornare competitivo, il calcio italiano deve ripensarsi come spettacolo globale.
- Orari e format internazionali: seguendo l’esempio della Premier League, distribuire le partite in fasce orarie compatibili anche con i mercati asiatici e americani.
- Contenuti collaterali e storytelling: docuserie, highlights multilingua e interazioni social per rendere i club “raccontabili” a livello globale.
- Innovazione audiovisiva: regia avanzata, grafiche uniformi e tecnologie immersive – dalle Spidercam ai VAR a 360 gradi – per un’esperienza sempre più cinematografica.
2. Più valore ai diritti internazionali
La Premier League non domina i mercati esteri per caso, ma per una strategia aggressiva e coordinata.
- Uffici media nei mercati chiave (USA, Asia, Medio Oriente).
- Ambassador internazionali: ex calciatori italiani capaci di costruire relazioni e fanbase.
- Tornei, academy e amichevoli all’estero per creare legami reali con il pubblico globale.
- Una cabina di regia unica per la vendita dei diritti: la frammentazione attuale penalizza la Serie A, che dovrebbe agire come un marchio compatto.
Ridurre il numero di squadre oppure riequilibrare le forze economiche tra grandi e medio-piccole renderebbe il campionato più competitivo e appetibile.
3. Stadi moderni e ricavi extra match-day
Il vero vantaggio inglese non è solo televisivo, ma infrastrutturale.
Gli impianti di nuova generazione – come già sperimentato da Juventus e Udinese – possono triplicare i ricavi da 30-40 a oltre 100 milioni l’anno.
- Fan experience e hospitality: pacchetti premium, servizi corporate e offerte personalizzate per aziende e tifosi.
- Digital ticketing: gestione integrata via smartphone, controllo accessi, notifiche e raccolta dati.
- Merchandising onsite e personalizzazione in tempo reale: nuove forme di engagement e branding per aumentare l’indotto.
Gli stadi moderni devono essere vissuti 365 giorni l’anno: non solo partite, ma anche concerti, musei, eventi e aree business.
4. Governance forte e coesa
Il modello inglese ha insegnato che la crescita passa dalla compattezza.
- Diritti TV centralizzati e contratti pluriennali stabili.
- Superamento delle divisioni tra grandi e piccole società.
- Una governance credibile capace di attirare fondi d’investimento e sponsor globali.
In Francia, l’instabilità ha distrutto il potenziale della Ligue 1. In Italia, la sfida è opposta: creare un sistema che parli con una sola voce.
5. Sostenibilità e meritocrazia economica
Per ridurre il divario con i colossi inglesi serve un equilibrio finanziario ispirato alla Bundesliga:
- Controlli seri sui bilanci e salary cap soft.
- Incentivi fiscali per attrarre top player.
- Distribuzione più equa dei diritti TV per rendere competitivo anche il “medio-basso”.
6. Il branding globale della Serie A
Il calcio italiano deve uscire dal recinto della nostalgia e presentarsi al mondo come prodotto contemporaneo.
- Marchio riconoscibile, logo forte e campagne di marketing globali.
- Partnership con piattaforme OTT come Amazon, Apple TV o YouTube.
- Contenuti in lingue multiple e strategie personalizzate per Paese.
Per rilanciare davvero il calcio italiano serve una visione complessiva. Non basta vendere una partita all’estero o migliorare i diritti TV: bisogna migliorare il prodotto, centralizzare la governance, privatizzare e modernizzare gli stadi, attrarre capitali e costruire un brand globale.
Solo allora la Serie A potrà tornare a essere ciò che un tempo era: un campionato leader, esportabile e riconosciuto come eccellenza mondiale – non un souvenir nostalgico del passato, ma un modello di futuro.