Antonio Vergara può percorrere la sottile linea che separa l’attesa dall’opportunità. Il Napoli lo ha cresciuto, il destino lo ha interpellato, Antonio Conte ora potrebbe offrirgli la prima vera occasione di sentirsi parte del progetto tecnico azzurro.
L’infortunio di Kevin De Bruyne – un problema serio che potrebbe tenerlo lontano dai campi per circa tre mesi o forse più (certe ricadute, a 34 anni, ha un peso specifico più grande) – e la prossima partenza di André-Frank Zambo Anguissa per la Coppa d’Africa costringeranno il tecnico salentino a rivedere profondamente la gestione del centrocampo. E in questo incastro di esigenze tattiche e rotazioni obbligate, il nome di Antonio Vergara torna a brillare come una possibilità concreta.
Un percorso costruito lontano da casa
Vergara è nato a Frattaminore e cresciuto a Frattamaggiore, due comuni che vivono la passione per il calcio come un riflesso naturale dell’identità napoletana. Centrocampista offensivo mancino, classe 2003, ha saputo unire talento e disciplina, due doti che spesso si escludono nei giovani promettenti. La sua crescita nel vivaio del Napoli è stata metodica, mai rumorosa, ma costellata da passi concreti: prestiti mirati per consentire la sua strutturazione.
La prima vera esperienza lontano da casa è arrivata nella stagione 2022-2023, alla Pro Vercelli, in Serie C. Lì ha trovato spazio e fiducia, 34 partite, 3 gol e 4 assist che hanno mostrato la sua capacità di inserirsi e dialogare con la manovra. Un anno dopo è salito di categoria, accettando la sfida della Serie B con la Reggiana. Ma quando tutto sembrava pronto per la consacrazione, il destino gli ha presentato la prova più dura: la rottura del legamento crociato anteriore nel settembre 2023, contro la Cremonese.
Un colpo che avrebbe potuto deviare la traiettoria di una carriera. E invece, Vergara ne ha fatto il punto di svolta. Con il supporto del club emiliano e la determinazione che lo contraddistingue, ha trasformato la riabilitazione in un esercizio di maturità. Il rinnovo del prestito, arrivato nel febbraio 2024, è stato il segnale che nessuno lo considerava “finito”. E nella stagione successiva la risposta è stata rumorosa: 32 presenze, 5 gol, 6 assist, e il titolo di MVP Under-23 del mese di agosto 2024 in Serie B. A quel punto il Napoli ha capito che il ragazzo aveva superato la sua ordalia del fuoco e che era pronto per il ritorno alla base.

L’identità tattica di Antonio Vergara: un mancino moderno tra le linee
Vergara, assistito dal procuratore Mario Giuffredi che nel Napoli cura gli interessi di diversi player (Di Lorenzo, Politano, Marianucci) è un centrocampista che ha già mostrato di sapersi adattare a più ruoli. Una risorsa fondamentale in un calcio in cui le posizioni sono sempre più spesso cangianti. Nato trequartista, ha imparato a muoversi anche da mezzala o da esterno destro a piede invertito. La sua qualità migliore è la visione di gioco: la capacità di vedere la giocata prima degli altri, di anticipare lo sviluppo dell’azione con passaggi interni o cambi di fronte puliti.
Tecnicamente è pulito, elegante nel controllo orientato, ma ciò che lo rende interessante per un allenatore come Conte è l’attitudine al sacrificio. Vergara non è un semplice “artista”, una pedina che non rifiuta il lavoro oscuro: partecipa al pressing, copre la linea di passaggio, si propone in verticale. È un centrocampista moderno, che unisce estro e tecnica all’ordine appreso nelle esperienze in provincia, dove la tattica pesa ma forse non quanto la capacità di fare a sportellate su campi che non sempre sono tavoli da biliardo.
Conte, che lo ha osservato da vicino nel doppio ritiro estivo di Dimaro e Castel Di Sangro, ne ha apprezzato la disponibilità e la maturità. Non è un caso che il tecnico abbia spinto per la sua permanenza nella rosa principale e che la società, in parallelo, abbia scelto di blindarlo fino al 2030. Un segnale di fiducia, ma anche di programmazione: il club di Aurelio De Laurentiis non vuole più perdere i suoi talenti prima di scoprirne il valore.
Antonio Vergara: il debutto e la prospettiva
Il 23 agosto 2025, nella vittoria per 2-0 sul campo del Sassuolo, Vergara ha messo piede per la prima volta in Serie A. Un ingresso nel finale, al posto di Scott McTominay, ma sufficiente a fotografare un momento simbolico: un ragazzo nato a pochi chilometri dallo stadio Maradona che indossa la maglia della sua città.
Da quel giorno la sua presenza nel gruppo è diventata più stabile. Conte lo considera una risorsa da coltivare, non un corpo estraneo da mandare in prestito. L’idea è chiara: inserimento graduale, crescita quotidiana, fiducia dosata ma costante. Le prossime settimane, con il Napoli chiamato a sopperire all’assenza di due colonne del centrocampo, potrebbero rappresentare l’occasione perfetta per testarne la maturità.
Il Napoli di Conte, costruito per lottare su più fronti, dovrà reinventarsi senza De Bruyne, il cervello tattico e carismatico della squadra, e senza Anguissa, la sua energia dinamica. In questo vuoto di riferimenti, la gestione delle rotazioni sarà cruciale. Vergara può rappresentare un’alternativa tattica nelle partite in cui serve ritmo e coraggio: può agire da mezzala sinistra nel 4-3-3 che si potrebbe ripalesare senza il fuoriclasse di Drongen, oppure da rifinitore tra le linee in un assetto tattico meno convenzionale come il 4-1-4-1 che il trainer leccese ha impostato come tattica basilare in questo avvio di stagione.
Vergara non sarà gettato nella mischia con la responsabilità di “salvare” il Napoli – Conte sa che il peggiore errore sarebbe bruciare la crescita di un giovane – ma può diventare, progressivamente, un tassello di rotazione in grado di incidere. L’obiettivo è portarlo, entro un orizzonte di pochi mesi, al livello di un giocatore utile alla causa. Non una promessa, ma una presenza.
E poi c’è una suggestione finale. Ogni squadra vincente ha bisogno di qualcuno che incarni lo spirito del luogo. Vergara è napoletano, nel senso più autentico del termine: cresciuto tra campetti di provincia, dove il calcio è linguaggio e riscatto, porta dentro di sé una fame che difficilmente si insegna. In un calcio globalizzato e spesso distante dalle sue radici, la sua storia riporta il Napoli a una dimensione identitaria: quella dei ragazzi di casa che riescono a ritagliarsi spazio in mezzo ai campioni.

Antonio Conte lo sa bene. Per lui il gruppo è una famiglia funzionale e ogni elemento deve avere un senso. La conferma di Pasquale Mazzocchi, per esempio, è rivelatrice di questa dinamica: un calciatore-raccordo, un uomo spogliatoio più che un asset tattico. Vergara non deve essere solo un totem, ne sarà il “nuovo De Bruyne”, ma può diventare il volto del lavoro silenzioso, dell’impegno che non chiede applausi ma che mette le sua doti a disposizione della causa. Se il suo inserimento verrà gestito con intelligenza, questa emergenza potrà trasformarsi in un’opportunità.
E allora, in un Napoli che cerca nuove certezze nel mezzo del campo, la risposta potrebbe arrivare da dove tutto è cominciato: dai campetti di provincia, dove un bambino mancino imparava a sognare davanti a un pallone.
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