Ieri, a Castel Volturno, si è rivisto Romelu Lukaku. Un’apparizione che ha il sapore di un ritorno di fiamma più che di un semplice ritorno alle attività quotidiane. Il centravanti belga, ancora impegnato nel recupero dopo il lungo stop e i mesi trascorsi tra Bruxelles e Anversa per la riabilitazione, riprenderà a lavorare in palestra e in campo con un programma differenziato. Il rientro vero e proprio, secondo le stime, è atteso tra metà e fine dicembre: un obiettivo che Conte osserva come una scadenza chiave nella traiettoria tecnica ma anche emotiva del suo Napoli.
Lukaku, intanto, oggi potrebbe essere allo Stadio Maradona, ma solo da spettatore. Dalla tribuna seguirà i compagni, guidati in attacco da Rasmus Hojlund, che ha ritrovato il campo a Lecce dopo tre partite di assenza, anch’egli “vittima” delle nazionali come è stato per un altro rientrante: Amir Rrahmani. Il danese ha garantito fiato e profondità, ma il Napoli attende altro: attende Lukaku, attende il suo peso specifico, la sua presenza fisica e mentale, la sua capacità di farsi totem nei momenti in cui la squadra vacilla. E ce ne sono stati in questo abbrivio stagionale.

Romelu Lukaku, l’anima del Napoli contiano
Per Conte, Lukaku non è soltanto un attaccante: è un codice, una sorta di linguaggio condiviso. Dalla loro avventura all’Inter, l’allenatore salentino e Big Rom hanno costruito un rapporto di fiducia totale, di disciplina e riconoscimento reciproco. Lukaku è il pretoriano per eccellenza, l’uomo che traduce in campo l’idea di calcio “muscolare e verticale” del trainer salentino. Non è un caso che, anche durante la convalescenza, il tecnico lo abbia sempre citato come riferimento per il gruppo, quasi un capitano silenzioso in attesa di tornare a combattere.
La sua presenza, anche solo simbolica, arriva in un momento emotivamente fragile per la squadra. L’infortunio di Kevin De Bruyne – fuori almeno tre mesi – rischia di lasciare una ferita nel cuore del Napoli. Non solo per la perdita del talento tecnico, ma per l’impatto umano di un leader con le spalle irrobustite dall’esperienza internazionale e dall’abitudine a giocare a certi livelli. In questo contesto, il ritorno di Big Rom assume un valore inestimabile: sarà la scossa di cui Conte ha bisogno per restituire identità a un gruppo che rischia di perdere fiducia.
Il progetto azzurro, così come lo immagina Conte, si fonda su un principio di appartenenza e responsabilità. Lukaku ne rappresenta la sintesi: la forza che unisce, l’esempio che parla dentro e fuori dal campo. Quando tornerà, non sarà solo per segnare gol: sarà per riaccendere il Napoli nel suo spirito più profondo, per restituirgli quella fame che, a tratti, l’assenza dei suoi riferimenti più forti ha smorzato. Nel Napoli di Conte, Lukaku non è un attaccante. È un principio. È l’anima che rientra. Bentornato Big Rom.
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