Alla vigilia di Napoli – Eintracht Francoforte, Antonio Conte torna a parlare con la voce del condottiero. Lo fa alla sua maniera: senza mediazioni, senza filtri, e soprattutto senza paura. Dietro la scorza dura e la retorica della “fatica” c’è una verità più profonda che emerge da ogni sua parola: il bisogno di proteggere un gruppo ferito, ma non spezzato, e un ambiente che rischia di farsi avvelenare dal rumore esterno.

“Abbiamo trovato un’alternativa in attacco con Neres prima punta, non cambia la nostra idea di gioco”, ha sottolineato il mister che ha rivendicato la sua capacità di leggere le partite superando le contingenze. “Domani abbiamo la possibilità di rimettere in sesto la classifica vincendo. Mi sento in dovere di difendere questa squadra”. Il cammino europeo che vuole adeguarsi a quello Cisalpino che, nonostante tutto, premia il roster di Aurelio De Laurentiis.
Antonio Conte serra i ranghi
Compattazione dell’ambiente. È il concetto chiave della conferenza odierna: la difesa della squadra diventa, per Conte, una missione personale. Non solo tattica, ma morale. Perché nel mare agitato di infortuni, diffidenze e malumori mediatici, il tecnico salentino si erge come scudo e voce del gruppo.
C’è dentro l’orgoglio dell’uomo che non accetta di veder messo in discussione ciò che ha costruito con disciplina e sofferenza. “Il tifoso napoletano deve rimanere compatto e tapparsi le orecchie. Le voci messe in giro sono nocive”, ha ammonito, alludendo a quella parte di stampa che, secondo lui, “ha interesse ad ammazzare”. È un messaggio diretto, quasi militare, con un solo obiettivo: ricompattare l’ambiente, riportarlo dentro il cerchio della squadra, chiudendo le porte al veleno delle polemiche.
Conte conosce bene le dinamiche del sospetto: la stampa che divide, la critica che si traveste da analisi, la piazza che rischia di farsi trascinare. Ma il suo Napoli non deve farsi condizionare. Deve resistere, come lui. “Con tutte le difficoltà, vedo la classifica e siamo ancora là. Se domani vinciamo siamo a sei punti. Chiedo all’ambiente di starci vicino. Napoli dà fastidio. Napoli che lotta per le prime posizioni dà fastidio”.
Queste parole pesano come piombo. Sono una dichiarazione di appartenenza, ma anche di conflitto. Conte rivendica un’identità competitiva che, forse, parte del Paese fatica ancora ad accettare. Un Napoli che s’impone non è più la favola del sud ribelle: è una potenza strutturata, temuta, e quindi “fastidiosa”. Ecco perché l’allenatore chiede silenzio attorno, coesione dentro.

Sul piano tecnico, Conte continua a fare di necessità virtù. Gli infortuni hanno decimato l’attacco, ma lui ha trovato soluzioni: Neres da centravanti, Anguissa protagonista in zona gol, un sistema che non rinuncia alla verticalità ma sa adattarsi. “In due mesi abbiamo sentito solo critiche – ha ribadito l’ex Juve – eppure con tutte le difficoltà siamo ancora in testa. All’inizio si parlava solo di aspettative. Sono mancati giocatori importanti e abbiamo sopperito. C’è stato un terremoto, e poi vai a vedere che il Napoli è primo”.
C’è tutto Conte in questa risposta: l’ossessione per la concretezza, la fiducia nei fatti e non nelle parole. “Servono più gol? A noi serve vincere”. È la sua filosofia distillata in una frase. Niente fronzoli, niente estetica per compiacere: solo la sostanza del risultato.
Neppure la domanda sugli arbitri lo distrae dal suo equilibrio combattivo. Evita lo scontro diretto, ma non rinuncia a una frecciata al “sistema”: “Appena si solleva un problema vanno in confusione. Il sistema non si basa su fondamenta solide”. Uscita che denuncia più che accusare, ma che rivelano ancora una volta la sua insofferenza per ciò che non è meritocratico, limpido, costruito sul lavoro.
In fondo, il vero Conte è tutto qui: un uomo che si muove con l’artiglieria pesante quando sente l’odore della battaglia. Che non cerca simpatie ma rispetto. Che preferisce lo scontro alla complicità. E che, davanti al rischio di un ambiente spaccato, fa scudo col proprio carattere. Domani il campo dirà se il suo grido servirà a scuotere il gruppo. Ma una cosa è certa: la tempra di Antonio Conte non conosce tregua. Il suo Napoli non sarà perfetto, ma è vivo, ostinato, insofferente agli alibi. È una squadra che lotta, e questo – come dice lui – “fa paura”.