Napoli

Napoli-Eintracht: è già resa europea?

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Scritto da Diego Catalano

5 Novembre 2025

Il quarto turno della Champions League del Napoli lascia una sensazione di vuoto, un fastidio difficile da scrollarsi di dosso. Quando primeggi nel primo tempo, quando costruisci tanto e non segni, il calcio tende a presentarti il conto. È la legge non scritta di questo sport: se non colpisci nel momento giusto, l’inerzia cambia, la fiducia si sbriciola, e alla fine ti ritrovi con un punto che sa di sconfitta.

Eppure, la squadra di Antonio Conte era partita bene. Pressione alta, ritmo, verticalità, un atteggiamento finalmente europeo dopo la disfatta di Eindhoven. Il Napoli aveva cercato di riappropriarsi del suo calcio fatto di energia e coraggio, aggredendo l’Eintracht nella loro metà campo e costringendolo spesso a rifugiarsi nei lanci lunghi. La costruzione era fluida, le catene laterali funzionavano, e il pubblico del Maradona sentiva odore di gol. Ma il pallone non è entrato.

Napoli
Scott McTominay e Mario Gotze a contrasto durante Napoli – Eintracht

Napoli – Un primo tempo di dominio… e di rimpianti

Il Napoli ha creato anche se le occasioni non sono fioccate. La sensazione di superiorità si è però persa con lo scorrere del tempo. Gutierrez é stata una nota positiva: dinamico, concentrato, presente in entrambe le fasi, con buona personalità. La sua è stata una prova sopra le righe in una serata di luci intermittenti. Bene anche Elmas, utilizzato in un ruolo che gli consente di esprimersi al meglio. L’ex Lipsia ha garantito qualità, movimenti intelligenti e continuità di gioco: il suo rendimento è stato tra i pochi segnali incoraggianti per Conte. Lì va riproposto, senza esitazioni.

Poi, però, la partita ha cambiato volto. Con il passare dei minuti, e soprattutto dopo il quarto d’ora della ripresa, il Napoli ha smarrito ritmo e convinzione. L’Eintracht ha iniziato a guadagnare metri, ad alzare la pressione e a spezzare il gioco con continue interruzioni. Gli azzurri, invece di reagire, sono caduti nella trappola, confondendo frenesia con intensità.

Il caso Neres e l’ombra dell’attacco sterile

Un discorso a parte lo merita David Neres che non ha inciso da subentrante. Arrivato per essere un fattore offensivo, il brasiliano appare svuotato, senza mordente. E ciò succede da troppo tempo. Mancano la brillantezza nei dribbling, la fantasia nelle scelte e persino l’entusiasmo. Ieri è parso un corpo estraneo. In avanti, poi, pesa anche la serata deludente di Rasmus Hojlund. Dopo il rientro post affaticamento muscolare ci si aspettava il salto di qualità. Invece il danese è apparso impreciso, poco lucido e spesso scollegato dal resto della squadra. Più Lucca che Lukaku, per usare una metafora amara ma efficace.

Il Napoli ha bisogno del centravanti che attacca la profondità, non di uno che si limita a giocare spalle alla porta. E quando il centravanti non funziona, e gli esterni non incidono, tutto il meccanismo offensivo si inceppa. I partenopei hanno continuato a costruire, ma senza cattiveria, senza quell’istinto che fa la differenza in Europa. La palla non voleva entrare, è vero, ma in certe serate serve forzarle le porte del destino, non limitarsi a bussare.

Antonio Conte
Antonio Conte in conferenza stampa

L’errore di McTominay pesa come un macigno

L’episodio simbolo della serata è stato l’errore a sotto porta di Scott McTominay, incredibile per un giocatore della sua esperienza. Quel pallone da spingere dentro, invece, è finito tra i rimpianti della serata. Un errore che rischia di costare carissimo: con questo pareggio, l’accesso ai playoff di Champions si fa molto complicato. E la differenza, nel calcio europeo, spesso la fanno proprio quei dettagli.

A quel punto, il Napoli si è spento definitivamente. Ha smesso di crederci, ha perso fiducia e anche brillantezza fisica. L’Eintracht ha preso coraggio e ha iniziato a rallentare il gioco con mestiere, tra interruzioni, cadute e qualche complicità di un arbitro apparso poco convincente nella gestione del ritmo gara. Ma il problema principale non è l’arbitro: è l’atteggiamento. Perché una squadra consapevole del proprio valore trova comunque un modo per vincerla, anche in serate storte.

Conte non sbaglia, ma i suoi non lo seguono

Difficile dare colpe ad Antonio Conte. L’allenatore ha scelto un undici logico, coerente con il momento, e ha effettuato cambi che avevano un senso. Ma se dalla panchina non arriva l’impatto necessario, tutto si complica. Il tecnico ha cercato di scuotere i suoi, ma la risposta è stata timida, quasi rassegnata, ad eccezion fatta di Nola Lang che ha provato a determinare. 

Si cercava una reazione dopo la batosta di Eindhoven, e in parte nel primo tempo c’è stata. Ma la seconda frazione è stata la fotografia di una squadra che si lascia trascinare dagli eventi invece di dominarli. Tanta confusione, poca convinzione, un possesso lento e prevedibile. Alla fine, più che una squadra affamata, è sembrata una formazione svuotata.

Conte, da par suo, sa che la Champions non perdona. Il margine d’errore è ormai ridottissimo e questo pareggio rischia di pesare più di una sconfitta. Servirà uno scatto mentale, un cambio di passo che vada oltre la tattica. Perché il Napoli, nelle ultime settimane, sembra avere un problema di testa prima ancora che di piedi. Pochi giri di parole: la sfida interna col Qarabag e quella di Copenaghen devono coincidere con due vittorie. Altrimenti il club di De Laurentiis mollerà anzitempo il sogno europeo. 

Napoli
Noa Lang

Una notte che lascia domande

Il fischio finale è arrivato tra i mugugni del Maradona che andava svuotandosi. Brutto segno. Non tanto per il risultato in sé, quanto per l’atteggiamento visto nella ripresa. Troppo molle, troppo arrendevole. E in Champions League, quando manca la ferocia, non basta il nome sul petto. Questa volta non si può parlare di sfortuna, almeno non solo. La verità è che il Napoli ha avuto la partita in mano e l’ha lasciata scivolare via. E quando si danno certe sensazioni – di squadra che non ci crede fino in fondo – è difficile nasconderle.

Il pubblico ha capito. Conte lo sa. E i giocatori, se vogliono restare in Europa, devono reagire subito. Altrimenti il rischio è che questa Champions si trasformi presto in un rimpianto. Perché alla fine, al di là dei numeri, la sensazione più amara è che il Napoli, più che non riuscire, non abbia davvero voluto vincerla. E questo, più del pareggio in sé, è ciò che fa davvero male.

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Il quarto turno della Champions League del Napoli lascia una sensazione di vuoto, un fastidio difficile da scrollarsi di dosso. Quando primeggi nel primo tempo, quando costruisci tanto e non segni, il calcio tende a presentarti il conto. È la legge non scritta di questo sport: se non colpisci nel momento giusto, l’inerzia cambia, la fiducia si sbriciola, e alla fine ti ritrovi con un punto che sa di sconfitta.

Eppure, la squadra di Antonio Conte era partita bene. Pressione alta, ritmo, verticalità, un atteggiamento finalmente europeo dopo la disfatta di Eindhoven. Il Napoli aveva cercato di riappropriarsi del suo calcio fatto di energia e coraggio, aggredendo l’Eintracht nella loro metà campo e costringendolo spesso a rifugiarsi nei lanci lunghi. La costruzione era fluida, le catene laterali funzionavano, e il pubblico del Maradona sentiva odore di gol. Ma il pallone non è entrato.

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Scott McTominay e Mario Gotze a contrasto durante Napoli – Eintracht

Napoli – Un primo tempo di dominio… e di rimpianti

Il Napoli ha creato anche se le occasioni non sono fioccate. La sensazione di superiorità si è però persa con lo scorrere del tempo. Gutierrez é stata una nota positiva: dinamico, concentrato, presente in entrambe le fasi, con buona personalità. La sua è stata una prova sopra le righe in una serata di luci intermittenti. Bene anche Elmas, utilizzato in un ruolo che gli consente di esprimersi al meglio. L’ex Lipsia ha garantito qualità, movimenti intelligenti e continuità di gioco: il suo rendimento è stato tra i pochi segnali incoraggianti per Conte. Lì va riproposto, senza esitazioni.

Poi, però, la partita ha cambiato volto. Con il passare dei minuti, e soprattutto dopo il quarto d’ora della ripresa, il Napoli ha smarrito ritmo e convinzione. L’Eintracht ha iniziato a guadagnare metri, ad alzare la pressione e a spezzare il gioco con continue interruzioni. Gli azzurri, invece di reagire, sono caduti nella trappola, confondendo frenesia con intensità.

Il caso Neres e l’ombra dell’attacco sterile

Un discorso a parte lo merita David Neres che non ha inciso da subentrante. Arrivato per essere un fattore offensivo, il brasiliano appare svuotato, senza mordente. E ciò succede da troppo tempo. Mancano la brillantezza nei dribbling, la fantasia nelle scelte e persino l’entusiasmo. Ieri è parso un corpo estraneo. In avanti, poi, pesa anche la serata deludente di Rasmus Hojlund. Dopo il rientro post affaticamento muscolare ci si aspettava il salto di qualità. Invece il danese è apparso impreciso, poco lucido e spesso scollegato dal resto della squadra. Più Lucca che Lukaku, per usare una metafora amara ma efficace.

Il Napoli ha bisogno del centravanti che attacca la profondità, non di uno che si limita a giocare spalle alla porta. E quando il centravanti non funziona, e gli esterni non incidono, tutto il meccanismo offensivo si inceppa. I partenopei hanno continuato a costruire, ma senza cattiveria, senza quell’istinto che fa la differenza in Europa. La palla non voleva entrare, è vero, ma in certe serate serve forzarle le porte del destino, non limitarsi a bussare.

Antonio Conte
Antonio Conte in conferenza stampa

L’errore di McTominay pesa come un macigno

L’episodio simbolo della serata è stato l’errore a sotto porta di Scott McTominay, incredibile per un giocatore della sua esperienza. Quel pallone da spingere dentro, invece, è finito tra i rimpianti della serata. Un errore che rischia di costare carissimo: con questo pareggio, l’accesso ai playoff di Champions si fa molto complicato. E la differenza, nel calcio europeo, spesso la fanno proprio quei dettagli.

A quel punto, il Napoli si è spento definitivamente. Ha smesso di crederci, ha perso fiducia e anche brillantezza fisica. L’Eintracht ha preso coraggio e ha iniziato a rallentare il gioco con mestiere, tra interruzioni, cadute e qualche complicità di un arbitro apparso poco convincente nella gestione del ritmo gara. Ma il problema principale non è l’arbitro: è l’atteggiamento. Perché una squadra consapevole del proprio valore trova comunque un modo per vincerla, anche in serate storte.

Conte non sbaglia, ma i suoi non lo seguono

Difficile dare colpe ad Antonio Conte. L’allenatore ha scelto un undici logico, coerente con il momento, e ha effettuato cambi che avevano un senso. Ma se dalla panchina non arriva l’impatto necessario, tutto si complica. Il tecnico ha cercato di scuotere i suoi, ma la risposta è stata timida, quasi rassegnata, ad eccezion fatta di Nola Lang che ha provato a determinare. 

Si cercava una reazione dopo la batosta di Eindhoven, e in parte nel primo tempo c’è stata. Ma la seconda frazione è stata la fotografia di una squadra che si lascia trascinare dagli eventi invece di dominarli. Tanta confusione, poca convinzione, un possesso lento e prevedibile. Alla fine, più che una squadra affamata, è sembrata una formazione svuotata.

Conte, da par suo, sa che la Champions non perdona. Il margine d’errore è ormai ridottissimo e questo pareggio rischia di pesare più di una sconfitta. Servirà uno scatto mentale, un cambio di passo che vada oltre la tattica. Perché il Napoli, nelle ultime settimane, sembra avere un problema di testa prima ancora che di piedi. Pochi giri di parole: la sfida interna col Qarabag e quella di Copenaghen devono coincidere con due vittorie. Altrimenti il club di De Laurentiis mollerà anzitempo il sogno europeo. 

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Noa Lang

Una notte che lascia domande

Il fischio finale è arrivato tra i mugugni del Maradona che andava svuotandosi. Brutto segno. Non tanto per il risultato in sé, quanto per l’atteggiamento visto nella ripresa. Troppo molle, troppo arrendevole. E in Champions League, quando manca la ferocia, non basta il nome sul petto. Questa volta non si può parlare di sfortuna, almeno non solo. La verità è che il Napoli ha avuto la partita in mano e l’ha lasciata scivolare via. E quando si danno certe sensazioni – di squadra che non ci crede fino in fondo – è difficile nasconderle.

Il pubblico ha capito. Conte lo sa. E i giocatori, se vogliono restare in Europa, devono reagire subito. Altrimenti il rischio è che questa Champions si trasformi presto in un rimpianto. Perché alla fine, al di là dei numeri, la sensazione più amara è che il Napoli, più che non riuscire, non abbia davvero voluto vincerla. E questo, più del pareggio in sé, è ciò che fa davvero male.

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