Basta con le favole! Il dramma dello stadio del Napoli non è solo un capitolo di cronaca sportiva, ma un’odissea di inerzia, egoismi e politica spicciola che sta strangolando una delle piazze più calde d’Europa. Da un lato, Aurelio De Laurentiis e la SSC Napoli che da quasi 20 anni sventolano progetti faraonici come se fossero biglietti vincenti alla lotteria; dall’altro, un Comune di Napoli che si nasconde dietro rinvii elettorali e un rifiuto ostinato a cedere il Maradona (ex San Paolo), lasciando la squadra a marcire in un impianto fatiscente. E i tifosi? Loro pagano il conto, con un club che incassa briciole e un’amministrazione che promette “miglioramenti” come un disco rotto. Proviamo a scavare, con i fatti alla mano, in questo pantano.
Stadio Napoli: 20 anni di promesse disattese
Partiamo da De Laurentiis, il “visionario” che dal 2004 (anno del suo ingresso al Napoli) non ha fatto altro che parlare di stadi moderni, centri sportivi e “futuro luminoso”. Ho setacciato la rete con query come “De Laurentiis promesse centro sportivo e stadio Napoli dal 2005 a oggi” (fonti: archivi di Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport, Il Mattino e CalcioNapoli24).
Risultato? *Oltre 40 occorrenze rilevanti* in interviste, conferenze e articoli dal 2005. Nel 2006, già blaterava di un centro sportivo a Castel Volturno – realizzato solo nel 2019, dopo 13 anni di rinvii e costi lievitati. Stadio? Nel 2010 prometteva un impianto da 50.000 posti a Fuorigrotta, “entro tre anni”. Risultato: zero. Nel 2015, al rientro dalla Serie B, rilancia con un progetto a Ponticelli, “pronto per Euro 2020”.

Niente da fare. Oggi, al Football Business Forum di SDA Bocconi, piange miseria sul Maradona – “un bidone, un disastro del ’59 e ’90, paghiamo per usarlo e restituiamolo pulito, mentre il PSG fa 100 milioni l’anno” – e scarica la colpa sulle “autorità italiane, nemiche del calcio”. Ma scusate, presidente: lei ha incassato miliardi dal Napoli (tra diritti TV, sponsor e plusvalenze), ha speso fortune per Benitez e Ancelotti, ma per lo stadio? Solo chiacchiere e ora il miraggio di Caramanico, un’area lontana dal cuore della città che puzza di speculazione immobiliare. E i parcheggi “enormi” che vuole?
Perché “la gente arriva in auto, non con i trasporti pubblici” – come se Napoli non fosse un inferno di traffico e smog. De Laurentiis usa il problema stadio come alibi per non investire: “Renovarlo costerebbe sei anni in cantiere, e noi facciamo solo 3 milioni a notte di Champions contro i 14 di Inter e Milan”. Verissimo, ma lei non ha mai messo un euro sul tavolo per accelerare, preferendo litigare con il Comune. Promesse vuote, signor presidente: da 20 anni parlate di “pietre miliari” (ormai ferme come macigni), ma il Napoli gioca ancora in un rudere che umilia i 25 milioni di tifosi azzurri.
E il Comune? Peggio che andar di notte. Da oltre 20 anni, tra giunte Bassolino, Iervolino, de Magistris e Manfredi, si susseguono annunci su ristrutturazioni del San Paolo/Maradona, ma zero concretezza. La query “Comune Napoli stadio San Paolo Maradona ritardi dal 2005” restituisce *centinaia di hit* su siti istituzionali, ANSA e Repubblica: fondi per i Mondiali 2010 svaniti, progetti per Euro 2012 abortiti, e ora i “lavori già programmati” che non interferiranno con le partite – parole ironiche in risposta alle critiche di De Laurentiis.
Ma il rifiuto di vendere lo stadio alla SSCN è il vero scandalo: il Comune lo tiene stretto come un tesoro avaro, incassando affitti ridicoli (mentre il Napoli paga per manutenzione e pulizie), ma non investe un centesimo serio. “Non siamo contrari a un nuovo stadio, purché realistico”, dicono ora, ma è una balla: l’incontro chiave sul sito di Caramanico? Rinviato dopo le elezioni regionali di aprile 2025. Perché? Perché la politica partenopea, come al solito, aspetta il responso delle urne per non sporcarsi le mani.

Bassolino nel 2005 prometteva “un gioiello per Napoli”; de Magistris nel 2011 parlava di “espropri per il bene pubblico”; Manfredi oggi balbetta di “sostenibilità”. Risultato? Il Maradona è un colabrodo: infiltrazioni, spalti pericolanti, incassi da fame. E il consigliere comunale Sandro Simone? Come già detto, la sua ossessione per lo stadio è leggendaria – la ricerca “Consigliere Simone, Stadio San Paolo e Stadio Maradona dal 2005 a oggi” tira fuori *almeno 25 occorrenze* in atti consiliari, interviste e denunce (da Il Mattino 2005 sui primi ritardi post-Napoli-Verona, al 2023 con interrogazioni su “fondi UE non spesi”). Simone ha tuonato contro ogni amministrazione, ma ha prodotto? Niente. Solo polemiche da opposizione eterna, mentre il Napoli affoga.
Entrambe le parti sono complici di questo immobilismo tossico. De Laurentiis minaccia di andarsene se non ha il suo stadio “con box e housing intorno, come l’Emirates”, ma non ammette che le sue promesse sono state fumo negli occhi per anni, usate per giustificare bilanci in rosso e acquisti stellari. Il Comune, invece, gioca la carta della “gestione pubblica” per non cedere potere (e soldi), attendendo le regionali come un’elezione papale – chissà chi vincerà e deciderà di non decidere.
Intanto, il calcio italiano muore: “Ceferin e Infantino devono stare attenti a non devalorizzare le leghe nazionali“, avverte De Laurentiis, ma con stadi come il nostro, solo Napoli, Juve, Inter, Milan e Roma sopravviveranno. E gli altri? Spariranno, lasciando un deserto. Basta alibi! De Laurentiis, metta i soldi sul tavolo invece di lamentarsi; Comune, vendete o renovate, smettetela di aspettare elezioni che non risolvono nulla. I tifosi meritano di più di un “bidone” e di promesse elettorali. O il Napoli diventerà l’ombra di sé stesso, e la colpa sarà di tutti.