Aurelio De Laurentiis presidente del Napoli

De Laurentiis a briglia sciolta sul Maradona e sul calcio

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Scritto da Redazione

8 Novembre 2025

Aurelio De Laurentiis torna a scuotere il mondo del calcio italiano parlando del futuro dello stadio Diego Armando Maradona. Dal palco del “Football Business Forum” organizzato all’Università Bocconi, il presidente del Napoli ha lanciato un nuovo, durissimo affondo contro burocrazia, politica e le disuguaglianze economiche che separano la Serie A dai top club europei.

«Per ristrutturare il Maradona dovrei impiegare sei anni – ha spiegato – e giocare il campionato mentre si fanno i lavori settorialmente, con un impatto economico non trascurabile».

La disputa con il Comune di Napoli resta aperta: De Laurentiis vuole costruire un nuovo impianto moderno e di proprietà, mentre Palazzo San Giacomo spinge per la ristrutturazione del Maradona in vista di Euro 2032.

«Nel frattempo – ha aggiunto – Milan e Inter incassano 14 milioni di euro in una serata di Champions, mentre noi, in quel cesso del Maradona, arriviamo a 3. Poi io devo essere competitivo e investire per non fare brutte figure».

Il sogno di ADL: uno stadio da 70mila posti, 100 skybox e 8mila parcheggi

Un fiume in piena De Laurentiis, che ha tracciato la sua visione di un Napoli sostenibile e moderno, partendo da un impianto all’altezza delle ambizioni del club.

«Servono 30 ettari dentro la città per costruire uno stadio moderno, ma l’amministrazione ignora il futuro dello sport – ha spiegato –. Io vorrei un impianto da 70mila posti, con 100 skybox e 8mila posti auto. È una balla che la gente arrivi con i mezzi pubblici: i tifosi vogliono venire in macchina».

Il presidente azzurro ha poi citato l’esempio londinese come modello da seguire:

«Nel 2013 visitai l’Emirates Stadium. Ha 200 salottini e 60mila posti. La città ha dato al club il permesso di costruire abitazioni intorno al nuovo stadio per rientrare dell’investimento. E così l’Arsenal è al top da quindici anni pur non vincendo la Premier dal 2004».

“Paghiamo come il PSG, ma senza i loro introiti”: l’attacco alle istituzioni

Il tema stadio resta centrale e per De Laurentiis l’attuale impianto di Fuorigrotta rappresenta un freno alla crescita.

«L’attuale stadio è un semicesso – ha tuonato –. Quando venne Ancelotti riuscimmo a sistemare qualcosa, ma la verità è che paghiamo la stessa cifra che paga il PSG al Comune di Parigi, solo che loro hanno in esclusiva il Parco dei Principi e ci fatturano più di 100 milioni l’anno.

Noi lo otteniamo il giorno prima della partita, lo usiamo per la gara e dobbiamo riconsegnarlo pulito il giorno dopo. C’è la pista d’atletica, un fossato che allontana ancora di più il pubblico e un grosso handicap: i politici italiani, che sono diventati i principali nemici del calcio. Se capissero che esistono 25 milioni di potenziali elettori, forse cambierebbero atteggiamento».

“Ceferin e Infantino rischiano di distruggere i campionati”

Non solo infrastrutture. De Laurentiis ha voluto allargare il discorso ai rischi del nuovo calcio globale, dominato da tornei internazionali e calendari sempre più congestionati.

«Il signor Ceferin e il signor Infantino devono stare attenti: rischiano di ridurre il livello dei campionati nazionali. Sono molto preoccupato: abbiamo giocatori acquistati e stipendiati da noi che vanno in nazionale, si distruggono fisicamente e non ci vengono rimborsati.

Tutto ciò va regolamentato, altrimenti tra cinque o sei anni rimarranno soltanto Milan, Inter, Juventus, Napoli e Roma. Ma allora che costruiamo a fare nuovi stadi se poi il sistema sta per crollare?».

Una visione tra denuncia e futuro

Ancora una volta, De Laurentiis si conferma una delle voci più forti e controcorrente del calcio italiano. Le sue parole mettono in luce un problema strutturale che va oltre Napoli: l’arretratezza infrastrutturale e la burocrazia stanno soffocando il potenziale economico della Serie A.

Il presidente azzurro chiede un cambio di passo netto: uno stadio moderno e di proprietà come condizione necessaria per competere davvero con le big d’Europa. Perché, senza un impianto all’altezza, anche la passione può diventare un limite.

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Aurelio De Laurentiis torna a scuotere il mondo del calcio italiano parlando del futuro dello stadio Diego Armando Maradona. Dal palco del “Football Business Forum” organizzato all’Università Bocconi, il presidente del Napoli ha lanciato un nuovo, durissimo affondo contro burocrazia, politica e le disuguaglianze economiche che separano la Serie A dai top club europei.

«Per ristrutturare il Maradona dovrei impiegare sei anni – ha spiegato – e giocare il campionato mentre si fanno i lavori settorialmente, con un impatto economico non trascurabile».

La disputa con il Comune di Napoli resta aperta: De Laurentiis vuole costruire un nuovo impianto moderno e di proprietà, mentre Palazzo San Giacomo spinge per la ristrutturazione del Maradona in vista di Euro 2032.

«Nel frattempo – ha aggiunto – Milan e Inter incassano 14 milioni di euro in una serata di Champions, mentre noi, in quel cesso del Maradona, arriviamo a 3. Poi io devo essere competitivo e investire per non fare brutte figure».

Il sogno di ADL: uno stadio da 70mila posti, 100 skybox e 8mila parcheggi

Un fiume in piena De Laurentiis, che ha tracciato la sua visione di un Napoli sostenibile e moderno, partendo da un impianto all’altezza delle ambizioni del club.

«Servono 30 ettari dentro la città per costruire uno stadio moderno, ma l’amministrazione ignora il futuro dello sport – ha spiegato –. Io vorrei un impianto da 70mila posti, con 100 skybox e 8mila posti auto. È una balla che la gente arrivi con i mezzi pubblici: i tifosi vogliono venire in macchina».

Il presidente azzurro ha poi citato l’esempio londinese come modello da seguire:

«Nel 2013 visitai l’Emirates Stadium. Ha 200 salottini e 60mila posti. La città ha dato al club il permesso di costruire abitazioni intorno al nuovo stadio per rientrare dell’investimento. E così l’Arsenal è al top da quindici anni pur non vincendo la Premier dal 2004».

“Paghiamo come il PSG, ma senza i loro introiti”: l’attacco alle istituzioni

Il tema stadio resta centrale e per De Laurentiis l’attuale impianto di Fuorigrotta rappresenta un freno alla crescita.

«L’attuale stadio è un semicesso – ha tuonato –. Quando venne Ancelotti riuscimmo a sistemare qualcosa, ma la verità è che paghiamo la stessa cifra che paga il PSG al Comune di Parigi, solo che loro hanno in esclusiva il Parco dei Principi e ci fatturano più di 100 milioni l’anno.

Noi lo otteniamo il giorno prima della partita, lo usiamo per la gara e dobbiamo riconsegnarlo pulito il giorno dopo. C’è la pista d’atletica, un fossato che allontana ancora di più il pubblico e un grosso handicap: i politici italiani, che sono diventati i principali nemici del calcio. Se capissero che esistono 25 milioni di potenziali elettori, forse cambierebbero atteggiamento».

“Ceferin e Infantino rischiano di distruggere i campionati”

Non solo infrastrutture. De Laurentiis ha voluto allargare il discorso ai rischi del nuovo calcio globale, dominato da tornei internazionali e calendari sempre più congestionati.

«Il signor Ceferin e il signor Infantino devono stare attenti: rischiano di ridurre il livello dei campionati nazionali. Sono molto preoccupato: abbiamo giocatori acquistati e stipendiati da noi che vanno in nazionale, si distruggono fisicamente e non ci vengono rimborsati.

Tutto ciò va regolamentato, altrimenti tra cinque o sei anni rimarranno soltanto Milan, Inter, Juventus, Napoli e Roma. Ma allora che costruiamo a fare nuovi stadi se poi il sistema sta per crollare?».

Una visione tra denuncia e futuro

Ancora una volta, De Laurentiis si conferma una delle voci più forti e controcorrente del calcio italiano. Le sue parole mettono in luce un problema strutturale che va oltre Napoli: l’arretratezza infrastrutturale e la burocrazia stanno soffocando il potenziale economico della Serie A.

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