C’è stato un momento, appena dopo la vittoria sull’Inter, in cui il Napoli sembrava aver finalmente ritrovato la propria identità. Energia, coraggio, ritmo. Tutto lasciava pensare a un gruppo tornato vivo, compatto, pronto a riprendere il cammino. Poi, all’improvviso, il buio. Due gare, zero gol – contro Como ed Eintracht – e una sensazione sempre più evidente: questa squadra non sa più come arrivare al colpo decisivo.
Al Maradona, la fotografia è stata impietosa. L’Eintracht, ordinato e compatto, ha alzato una muraglia con cinque difensori e quattro centrocampisti sempre pronti a chiudere ogni varco. Il Napoli, invece, ha offerto la sua versione più spenta e prevedibile. Ritmi lenti, trame scolastiche, nessuna invenzione. Quando la fantasia si spegne, anche l’avversario più normale diventa un ostacolo insormontabile.
Antonio Conte, in panchina, non nasconde la frustrazione. Vede la squadra incepparsi, consapevole che la brillantezza di qualche settimana fa è evaporata. Gli aggiustamenti tattici non bastano più: serve una scossa vera, prima mentale che tecnica. Giovanni Di Lorenzo predica calma, e fa bene. Ma la calma non può trasformarsi in rassegnazione.
Tra i pochi segnali incoraggianti, Eljif Elmas: l’unico davvero capace di accendere, a tratti, una serata grigia. Milinkovic-Savic, dal canto suo, conferma la solidità che Conte pretende. Il resto è un elenco di spunti mancati, passaggi forzati e conclusioni sterili.
Questo pareggio, senza emozioni né reti, pesa più di una sconfitta. Perché racconta di un Napoli che ha smarrito la propria essenza. E per un allenatore che vive di fame e intensità, non può esserci delusione più grande.
Ora serve un lampo. Non solo tattico, ma soprattutto emotivo. Bisogna riaccendere la mente e il cuore di un attacco che sembra aver dimenticato il piacere più semplice e naturale di tutti: quello di fare gol. Bologna (leggi l’analisi statistica) capita al momento giusto per la necessaria svolta.
