Nel calcio spesso basta poco perché il vento cambi direzione. Il Napoli, oggi, si trova esattamente in quel punto di equilibrio instabile, dove le difficoltà fanno rumore ma la classifica – fredda, oggettiva, senza emotività – racconta una verità diversa: dopo undici giornate, gli azzurri sono quarti con 22 punti, a sole due lunghezze dalla vetta occupata da Inter e Roma. Nulla è perduto. E forse così va letto l’intervento presidenziale di ieri sera che ha messo una pietra tombale su certe speculazioni e soprattutto su certi speculatori: Conte è blindato e sarà lui a dover sciogliere il nodo gordiano e permettere agli azzurri di credere ancora nella possibilità del bis.
Il momento resta delicato, nessuno lo nega. Cinque sconfitte tra campionato e Champions, qualche voce di troppo nello spogliatoio che il tweet presidenziale non ha spazzato via, un’infermeria che non vuol saperne di svuotarsi e un attacco che fatica a trovare la via del gol. Tutto vero. Ma non è questo il tempo dei processi, è il tempo della lucidità. Antonio Conte lo sa, lo trasmette, lo pretende. Un gruppo si misura non quando vola, ma quando cade e deve rialzarsi.

Il Napoli è ancora agganciato al treno buono
Il Napoli di oggi non è un corpo estraneo alla sua storia. È un insieme di giocatori che stanno cercando di ritrovare certezze in un contesto diventato improvvisamente avverso. E se da fuori il rumore è tanto, dentro il gruppo può rinascere quella determinazione silenziosa che può trasformarsi in benzina. Lo dimostrano i numeri: malgrado tutto, la squadra ha raccolto punti pesanti e resta agganciata al treno di testa. In un campionato che non ha ancora un padrone (Roma e Inter sono là, a un tiro di schioppo), dove nessuna squadra sta scappando, basta un filotto di risultati per cambiare completamente la narrazione.
Certo, gli infortuni pesano. L’assenza di uomini chiave si sente, così come la difficoltà nel trovare fluidità offensiva. Ma la vera differenza, in questo momento, può farla la compattezza mentale. Perché se la classifica lascia aperta ogni possibilità, la testa può chiudere – o riaprire – tutte le porte. E il Napoli, per quanto ferito, non è una squadra spenta. Alla ripresa il calendario dice Atalanta, Qarabag (Champions), Roma, Cagliari (Coppa Italia), Juventus, Benfica (Champions), Udinese. Poi sarà Supercoppa. Sette partite per ridare senso alla stagione, in Serie A e in Europa.
Conte ha sempre costruito le sue imprese partendo da momenti di difficoltà. Alla Juventus, all’Inter, perfino in Premier League: il suo calcio è fatto di sacrificio e di identità. E quando riesce a trasmettere tutto questo al gruppo, la sua squadra diventa una macchina che non si ferma più. Il Napoli deve ritrovare la scintilla, quella che spesso nasce proprio nei periodi più bui.
Ai tifosi serve fiducia. Serve credere che questo percorso non abbia esalato già il mortifero respiro, che la stagione non è compromessa e che le difficoltà attuali potranno diventare la base per una crescita futura. Il Napoli ha ancora troppe risorse, tecniche e umane, per arrendersi ora.
La stagione è lunga, e la Serie A di quest’anno non ha ancora mostrato una vera padrona. Inter e Roma comandano con 24 punti, ma sono a tiro. Il Milan e lo stesso Napoli seguono a due lunghezze. È una corsa ancora aperta, viva, pulsante. Tutto può cambiare in un mese. Ma è necessario ritrovare continuità e convinzione per rimettere in discussione ogni gerarchia.
Perché sì, il Napoli è ferito. Ma non è sconfitto. E la storia del calcio, più di una volta, ha dimostrato che le grandi risalite cominciano proprio da momenti come questo. Sta alla squadra, al tecnico, e anche al pubblico del Maradona, trasformare il rumore della delusione in spinta. Il Napoli non è ancora al capolinea. È a un bivio. E scegliere la strada giusta – quella della compattezza, della fede e del lavoro – può ancora portarlo dove tutti sognano: a giocarsi, fino in fondo, quel triangolino di tre colori.
