Noa lang

Salvate il soldato Noa Lang

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Scritto da Diego Catalano

7 Ottobre 2025

Negli ultimi fotogrammi della festa dopo il gol di Højlund contro il Genoa c’è un dettaglio che racconta più di tante parole. Mentre il gruppo si stringe in un abbraccio collettivo, Noa Lang resta volontariamente ai margini, accennando una smorfia di disappunto. Accanto a lui, Elmas lo guarda quasi con un gesto d’invito, come a dirgli: “Vieni, siamo una squadra”. Ma Lang resta lì, distante, chiuso in se stesso. Dovrà intervenire Jesus per coinvolgere, ma resta la sensazione di evidente fastidio. 

Non è un’accusa, anzi. Il gesto dell’olandese è comprensibile. Lang è un giocatore passionale, viscerale, uno di quelli che devono sentirsi al centro di qualcosa per dare il meglio. E in questo momento, evidentemente, non si sente dentro al Napoli. Si possono discutere i suoi limiti tecnici, la sua (presunta) discontinuità, o l’impatto ancora modesto da quando è arrivato in azzurro. Ma qui il punto è un altro: come lo si sta gestendo. Un investimento importante (oltre 20 i milioni investiti per portarlo all’ombra del Vesuvio), un talento potenzialmente decisivo come numeri e storia raccontato che rischia di evaporare nell’indifferenza.

Antonio Conte

Non è una critica diretta ad Antonio Conte – sarebbe presuntuoso farlo – ma un’osservazione oggettiva. Quando un giocatore di questo livello comincia a mandare segnali di insofferenza, la società deve coglierli. Perché se il contesto non lo protegge, il rischio è di trovarsi davanti a un nuovo “caso Lindstrøm”: un acquisto importante che si spegne lentamente, travolto da un sistema che non sa più cosa farne. E da lì prestiti compulsivi senza che nessuno voglia investire davvero un centesimo. 

E il paragone non è casuale. Il Napoli negli ultimi anni ha già visto talenti sfilare via senza mai accendersi davvero: da Edu Vargas al succitato Lindstrøm, il filo conduttore è sempre lo stesso. Calciatori che giungevano per fare la differenza, ma mai integrati fino in fondo. Il caso Lang è poi ancora più spinoso: l’ex PSV doveva raccogliere la pesante e scomoda eredità di Khvicha Kvaratskhelia. E forse questo sta pesando in un’integrazione monca. 

Oggi, con David Neres che ancora non ha inciso e Matteo Politano in una fase di naturale appannamento, ignorare la questione Lang sarebbe un errore strategico. Perché il Napoli, in questa fase di rielaborazione tattica, non può permettersi di bruciare un altro patrimonio tecnico ed economico.Noa Lang è un calciatore che va capito e inserito se ci sono i margini tecnici per farlo.

Serve dialogo, empatia e una gestione più “sartoriale”, come spesso Conte sa fare con chi ha carattere e personalità forti. Perché i segnali ci sono, e diventano sempre più evidenti. Il tecnico leccese ha riportato disciplina, struttura e senso d’appartenenza in uno spogliatoio che ne aveva bisogno. Ma ora deve compiere un passo in più: recuperare Lang, prima che l’incomunicabilità diventi una frattura. Nel calcio, come nella vita, i talenti non vanno solo allenati: vanno anche compresi.


Crediti Foto: SSC Napoli

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Partenopeo, misantropo, progger talebano
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Negli ultimi fotogrammi della festa dopo il gol di Højlund contro il Genoa c’è un dettaglio che racconta più di tante parole. Mentre il gruppo si stringe in un abbraccio collettivo, Noa Lang resta volontariamente ai margini, accennando una smorfia di disappunto. Accanto a lui, Elmas lo guarda quasi con un gesto d’invito, come a dirgli: “Vieni, siamo una squadra”. Ma Lang resta lì, distante, chiuso in se stesso. Dovrà intervenire Jesus per coinvolgere, ma resta la sensazione di evidente fastidio. 

Non è un’accusa, anzi. Il gesto dell’olandese è comprensibile. Lang è un giocatore passionale, viscerale, uno di quelli che devono sentirsi al centro di qualcosa per dare il meglio. E in questo momento, evidentemente, non si sente dentro al Napoli. Si possono discutere i suoi limiti tecnici, la sua (presunta) discontinuità, o l’impatto ancora modesto da quando è arrivato in azzurro. Ma qui il punto è un altro: come lo si sta gestendo. Un investimento importante (oltre 20 i milioni investiti per portarlo all’ombra del Vesuvio), un talento potenzialmente decisivo come numeri e storia raccontato che rischia di evaporare nell’indifferenza.

Antonio Conte

Non è una critica diretta ad Antonio Conte – sarebbe presuntuoso farlo – ma un’osservazione oggettiva. Quando un giocatore di questo livello comincia a mandare segnali di insofferenza, la società deve coglierli. Perché se il contesto non lo protegge, il rischio è di trovarsi davanti a un nuovo “caso Lindstrøm”: un acquisto importante che si spegne lentamente, travolto da un sistema che non sa più cosa farne. E da lì prestiti compulsivi senza che nessuno voglia investire davvero un centesimo. 

E il paragone non è casuale. Il Napoli negli ultimi anni ha già visto talenti sfilare via senza mai accendersi davvero: da Edu Vargas al succitato Lindstrøm, il filo conduttore è sempre lo stesso. Calciatori che giungevano per fare la differenza, ma mai integrati fino in fondo. Il caso Lang è poi ancora più spinoso: l’ex PSV doveva raccogliere la pesante e scomoda eredità di Khvicha Kvaratskhelia. E forse questo sta pesando in un’integrazione monca. 

Oggi, con David Neres che ancora non ha inciso e Matteo Politano in una fase di naturale appannamento, ignorare la questione Lang sarebbe un errore strategico. Perché il Napoli, in questa fase di rielaborazione tattica, non può permettersi di bruciare un altro patrimonio tecnico ed economico.Noa Lang è un calciatore che va capito e inserito se ci sono i margini tecnici per farlo.

Serve dialogo, empatia e una gestione più “sartoriale”, come spesso Conte sa fare con chi ha carattere e personalità forti. Perché i segnali ci sono, e diventano sempre più evidenti. Il tecnico leccese ha riportato disciplina, struttura e senso d’appartenenza in uno spogliatoio che ne aveva bisogno. Ma ora deve compiere un passo in più: recuperare Lang, prima che l’incomunicabilità diventi una frattura. Nel calcio, come nella vita, i talenti non vanno solo allenati: vanno anche compresi.


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