In certi momenti una città dovrebbe fare quadrato attorno alla propria squadra. Napoli, invece, assiste allo spettacolo opposto: una stampa locale (parte di essa) che, anziché ricomporre, divide. Invece di offrire letture lucide e contestualizzate, preferisce agitare il passato, riaccendere vecchie polemiche e interpretare in modo strumentale ogni parola proveniente dai ritiri delle nazionali. Il tutto per creare un clamore artificiale che nutre l’ansia e la sfiducia di un tifo già provato.
Ogni sosta per le nazionali diventa il pretesto per una caccia al titolo facile, per costruire contrapposizioni inesistenti o per ingigantire quelle presenti. Ecco che si va a seminare dubbi su rapporti interni o alimentare l’idea di presunte spaccature nello spogliatoio. Si esaspera il tono, si deforma il messaggio, si alimenta un sospetto continuo che non aiuta nessuno. Se non chi, di quel clamore, vive. È una dinamica che conosciamo bene, ma che ogni volta appare più miope e autolesionista.
Il Napoli non attraversa un momento semplice. Lo sanno i tifosi, lo sanno i giocatori, lo sa l’allenatore. Lo sa la proprietà che ha dovuto affidare ai social la volontà di tenersi stretto Antonio Conte. Ma è proprio nei momenti di fragilità che si misura la maturità di un ambiente. E un ambiente maturo sa distinguere tra critica costruttiva e puro opportunismo mediatico. C’è una differenza sostanziale tra l’analisi e la distorsione, tra chi racconta con equilibrio e chi sfrutta l’incertezza per fare rumore.
Questa squadra, al di là dei limiti e degli errori, merita un contesto che la accompagni, non che la divori. I tifosi azzurri – appassionati, viscerali, spesso fin troppo sensibili alle onde mediatiche – meritano una narrazione onesta, non il teatrino di chi scompone ogni parola per riempire una prima pagina. La stampa dovrebbe essere uno strumento di comprensione, non di confusione.
In un calcio che corre verso la spettacolarizzazione di tutto, Napoli avrebbe bisogno del contrario: sobrietà, competenza, rispetto dei tempi e dei silenzi. Criticare è giusto, ma serve responsabilità. Perché quando il rumore di fondo copre la voce della squadra, il primo danno non lo subisce la società o l’allenatore: lo subisce il Napoli stesso, inteso come comunità, sentimento, appartenenza.
Oggi servirebbe una stampa che sappia essere alleata del buon senso, non del caos. Perché un titolo può spaccare più di una sconfitta, e un silenzio, a volte, vale più di mille parole.